Il 23 luglio ricorre la X Giornata Mondiale della Sindrome di Sjögren Primaria Sistemica, ricorrenza che quest’anno l’Associazione Nazionale Italiana Malati Sindrome di Sjögren – A.N.I.Ma.S.S. ODV ha celebrato con un incontro multidisciplinare a Salerno a cui anche AIFI ha contribuito con un suo intervento.
Ma cos’è la Sindrome di Sjögren e come si colloca il ruolo della Fisioterapia? Per l’occasione abbiamo intervistato Lucia Marotta, Fondatrice e Presidente di A.N.I.Ma.S.S. ODV e Marina Garofano, coordinatrice della Sezione Territoriale Campania di AIFI, tra i relatori dell’incontro.
Cos’è la sindrome di Sjögren? E quali i suoi principali sintomi?
“La sindrome di Sjögren primaria sistemica è una malattia autoimmune del tessuto connettivo” spiega Lucia Marotta, Fondatrice e Presidente di A.N.I.Ma.S.S. ODV. “Tra le malattie autoimmuni è quella con il più alto rischio di linfoproliferazioni, ben 44 volte superiore alla popolazione generale ed è una malattia rara invisibile di genere: le donne colpite sono 9 su 10. Ci sono vari gradi, la più grave forma è quella sistemica, che significa che coinvolge diversi sistemi del nostro organismo. Tra i sintomi, secchezza della mucosa orale, oculare e delle vie aeree, problemi gastrointestinali, pericardite, aumento del rischio di neoplasie linfatiche, con coinvolgimenti polmonari, cardiovascolari e del sistema nervoso centrale e periferico. Per questa malattia, che degenera con il passare del tempo, non c’è una vera e propria cura. Non solo: la sindrome di Sjögren primaria è una delle condizioni che al momento non viene riconosciuta come malattia rara, né è stata inserita come tale nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza. Per le persone con sindrome di Sjögren primaria sistemica non esiste in Italia un PDTA, un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, che è la base della presa in carico”.
Quali sono gli step essenziali per assicurare una migliore qualità di vita ai portatori della Sindrome di Sjögren?
“Come esperta della patologia e portatrice grave della stessa è necessario che vengano istituiti ambulatori dedicati multidisciplinari/interdisciplinari per la presa in carico a 360° e monitorate le persone malate per prevenire la degenerazione a tutti i livelli, inserita come malattia rara nei Lea ai fini del riconoscimento dei farmaci sostitutivi ma vitali per chi è malato, delle cure odontoiatriche, riabilitative e podologiche in piani terapeutici personalizzati. Solo così si potrà migliorare la qualità di vita delle persone altrimenti restano solo parole. C’è un vuoto normativo che va colmato urgentemente, il Ministero della Salute dovrà riconoscere dei fondi, come ha fatto per la fibromialgia, affinché si attivino negli Ospedali regionali degli ambulatori dedicati e si faccia ricerca anche genetica e non solo di base”.
Sjögren e fisioterapia: qual è il contributo che la fisioterapia può prestare per questa patologia?
“La sindrome di Sjögren è una malattia cronica con un interessamento multiorgano e con segni e sintomi variabili da persona a persona per tipologia e intensità” spiega Marina Garofano, coordinatrice della Sezione Territoriale Campania di AIFI “La fisioterapia, per questi pazienti è importante sia in prevenzione primaria, ossia quando la malattia non ha interessato gli organi in maniera rilevante, con il compito di accompagnare il paziente ed eventualmente anche i caregiver, in un percorso di educazione terapeutica. L’educazione terapeutica è finalizzata ad ottimizzare la qualità di vita, mediante una migliore conoscenza della malattia stessa e delle possibilità di trattamento farmacologico e non, insegnando tecniche di protezione articolare e favorendo cambiamenti nello stile di vita (dieta, attività fisica, ecc). In prevenzione secondaria, invece, la fisioterapia con programmi terapeuti personalizzati, cuciti su misura per il singolo paziente, ha il fine di prevenire complicanze e danni permanenti agli organi coinvolti dalla malattia, mediante esercizio terapeutico volto al mantenimento/recupero del ROM, riabilitazione posturale ed eventualmente anche idrokinesiterapia e l’utilizzo di terapie fisiche per il controllo del dolore”.
Perché è importante la sinergia interdisciplinare in questo ambito?
“Proprio per le sue caratteristiche, la sindrome di Sjögren è una patologia dal difficile inquadramento e trattamento” continua Marina Garofano “per questo è necessario un approccio interdisciplinare e integrato da parte dei numerosi specialisti chiamati a prendere in carico il paziente, dal reumatologo, all’oculista, al neurologo, all’odontoiatra, ecc.. che purtroppo spesso operano in modo settoriale e a compartimenti stagni. Quando poi intervengono le manifestazioni extraghiandolari della Sjögren, che sono anche di interesse riabilitativo, è necessaria una valutazione multidimensionale che passi attraverso un ragionamento clinico e diagnostico condiviso tra i vari operatori, tenendo anche in considerazione i bisogni della persona e dei caregiver. L’approccio al paziente con Sjögren deve, quindi, mirare all’interdisciplinarietà, proprio per superare la frammentazione, puntando ad una vera presa in carico globale e all’elaborazione di nuovi modelli organizzativi che sappiano venire incontro ai bisogni di salute dei pazienti con malattie croniche”.
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