Formazione del fisioterapista: fine degli equivoci

Il legislatore è recentemente intervenuto sulla conversa questione della formazione del fisioterapista, che è stata oggetto in questi anni di pronunce giurisprudenziali discutibili da parte del Consiglio di Stato. E ha messo la parola fine con una norma chiarificatrice. A raccontare i contorni della vicenda è un articolo del giurista Luca Benci, direttore responsabile di "La Rivista delle Professioni Sanitarie", pubblicato su Riabilitazione Oggi (Anno XXIII, numero 3, Marzo 2006).
"La norma che attribuiva la formazione – tra le altre figure delle professioni sanitarie – del personale della riabilitazione all'Università, a onor del vero era piuttosto chiara e univoca, disponendo di fatto un'abrogazione implicita della normativa precedente" spiega Benci nel suo intervento. "Dato che la Giurisprudenza Amministrativa non era stata del medesimo avviso, è ora intervenuto il Legislatore, con il chiaro intento di evitare il caos di titoli e per non alimentare un "turismo formativo" di cui non si sente affatto il bisogno.
Quindi disattendendo la sintetica e antica massima giuridica, che ci proviene dal Diritto Romano, per cui "In claris non fit interpretatio", nella Legge 3 febbraio 2006, n. 27, recante "Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 5 dicembre 2005, n. 2502, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui", il Legislatore risolve il conflitto con l'art. "4 quater", rubricato come "Disposizioni in materia di accesso alle professioni sanitarie" e interpretando "autenticamente" la norma oggetto di contrasto.
Si legge testualmente: "Ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, la formazione per l'accesso alle professioni sanitarie infermieristiche e tecniche della riabilitazione e della prevenzione è esclusivamente di livello universitario".

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