Lettera dell'Aifi a Ministeri, Nas, assicurazioni e cittadini a tutela degli ambiti professionali

Tuteliamo gli ambiti della Professione
Un documento che puntualizza gli ambiti di attività e di esercizio della professione del fisioterapista. E che fornisce un contributo a una corretta informazione sui compiti e le attività del fisioterapista, in relazione ad alcuni documenti riguardanti la nostra professione che sono circolati in Internet e alla segnalazione di comportamenti abusivi in area riabilitativa.
È stato predisposto dal responsabile giuridico Aifi Concetta Pesce e dal consigliere nazionale Mauro Gugliucciello ed inviato già nel mese di dicembre ai ministri della Salute Livia Turco e dell'Università Fabio Mussi, agli assessorati regionali alla Sanità, al comando generale dei Nas, al Tribunale dei diritti per il malato-Cittadinanzattiva.
Tuttavia, nonostante la segnalazione, la diffusione di informazioni errate sul fisioterapista è proseguita.
Per questa ragione la lettera è stata di recente inoltrata anche alle principali compagnie di assicurazione e alle associazioni di tutela dei cittadini.

Titoli abilitanti, responsabilità, e autonomia del fisioterapista
Il documento esordisce precisando che l'esercizio autonomo della professione è consentito soltanto ai soggetti in possesso di un titolo abilitante, e specifica quali sono oggi per legge i titoli abilitanti. Riportiamo di seguito le parti di maggior interesse.
A proposito della responsabilità del fisioterapista ricordiamo che la Corte di Cassazione, sezione 1V, con sentenza n. 859 del 10 aprile 1998 stabilì che incombe sul professionista "un obbligo di accertamento delle condizioni del paziente traumatizzato prima di compiere manovre riabilitative che possono rivelarsi dannose". Successivamente alla sentenza il legislatore ne ha recepito lo spirito, abolendo dapprima con la L. 42/99 la denominazione di "professione sanitaria ausiliaria" e in seguito con la L. 251/00 confermando la piena "titolarità ed autonomia professionale" del fisioterapista nell'ambito delle competenze attribuite dal profilo professionale. Inoltre la legge coerentemente attribuisce al fisioterapista la competenza di attuare le "procedure di valutazione funzionale", al fine di espletare le competenze proprie previste dal profilo professionale.
Tutte le sopra descritte attività rientrano nell'ambito di competenza esclusivo del fisioterapista, il che consente anche di fornire una risposta in merito alle prestazioni che lo stesso può fornire in ambito libero-professionale. Il contrappeso di tutto ciò, è che il fisioterapista si assume la completa responsabilità civile e penale derivante dall'esercizio delle competenze attribuite dal profilo professionale. Responsabilità che permane, come aveva stabilito la Cassazione già nel 1998, anche in caso di attività collaborante svolta a seguito di prescrizione medica. A questo proposito emblematico è il parere della II commissione Giustizia della Camera che nell'esprimere "parere favorevole" alla L. 251/00, ricorda che il riconoscimento dell'autonomia professionale in ambito sanitario comporta la piena assunzione della responsabilità sia penale che civile da parte delle professioni interessate, "poiché in base ai principi generali dell'ordinamento questa è ascritta personalmente e direttamente a colui che esercita autonomamente l'attività professionale".

Studi professionali
Occorre precisare che l'esercizio della professione del fisioterapista in regime autonomo e nello studio professionale è libero e non necessita di autorizzazione. Quanto alle attrezzature dallo stesso utilizzabili, l'art. 9 della L. 157/92 prescriveva che "con decreto del ministro della Sanità… è fissato e periodicamente aggiornato l'elenco delle attrezzature tecniche e strumentali di cui possono essere dotati gli esercenti le predette arti ausiliarie". La delega è stata esercitata una volta soltanto dal ministero della Sanità, con il D.M. 3 maggio 1994, nel cui elenco non figura tuttavia il fisioterapista. Non esiste pertanto allo stato attuale alcuna disposizione specifica nazionale che regolamenti l'utilizzo da parte del fisioterapista delle attrezzature tecniche e strumentali in argomento. Appare invece accertata la possibilità che il fisioterapista utilizzi per lo svolgimento della propria attività tutti gli strumenti aventi finalità terapeutiche, così come previsto dall'art. 1 del D.M. 741/94, che abilita la figura professionale all'uso di "terapie fisiche e manuali".
Soltanto ai fini autorizzativi, l'articolo 8-ter del D.Lgs. 502/92 prevede al secondo comma che un'autorizzazione all'esercizio sia richiesta per quegli studi "attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente". La concreta definizione di tali fattispecie era peraltro rinviata dallo stesso articolo 8-ter a un decreto, che non è mai stato emanato. Si sono invece pronunciate alcune Regioni, che hanno diversamente disciplinato la materia.

Aspetti fiscali
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, essi risultano ampiamente superati e chiariti per effetto del decreto interministeriale Salute ed Economia e Finanza del 17 maggio 2002 che ha precisato come le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona dal fisioterapista, come dalle altre professioni sanitarie, siano sempre erogate in regime di esenzione Iva, essendo prestazioni sanitarie a prescindere dalla presenza o meno di una prescrizione medica. Tale precisazione è alquanto importante ove si consideri che proprio la questione Iva era stata da alcuni ritenuta decisiva al fine di affermare la necessità della preventiva prescrizione del medico per l'erogazione della prestazione riabilitativa sanitaria. Il ministero delle Finanze, prima dell'abrogazione di tale decreto, leggendo correttamente il profilo professionale, distingueva due possibili ambiti di intervento del fisioterapista, a seconda che esso operasse "autonomamente" oppure "in collaborazione con altre figure sanitarie".
Tuttavia, trattando dell'inquadramento fiscale e giuridico della professione, dovendo giustificare il D.M. 21 gennaio 1994, che esentava le prestazioni del fisioterapista "solo su prescrizione medica" il Ministero affermava: "Le due qualificazioni dell'attività (assoluta e relativa) professionale sono, ai fini dell'imponibilità Iva, trattate in modo sostanzialmente diverso: la prima è assoggettata all'aliquota Iva ordinaria, mentre la seconda è regolata dalle norme che attengono alla professione medica da cui mutuano l'esenzione ai fini Iva". Una situazione duramente contestata dall'associazione che portò al definitivo superamento della questione.
Ad oggi la stessa tesi, ormai superata con l'abrogazione del D.M. 21 gennaio 1994, è tuttavia ripresa, in un documento, da alcuni siti di società scientifiche (www.simfer.it)"Linee guida per il giudizio di plausibilità e congruità delle spese per trattamenti fisioterapici in caso di traumi minori", prodotto dalla Simfer (Società italiana medicina fisica e Riabilitazione), in collaborazione con un'associazione medico-giuridica, la "Melchiorre Gioia", www.melchiorregioia.it). Il documento individua le due modalità operative del fisioterapista, concludendo però che nella modalità autonoma "le prestazioni sono assoggettate all'aliquota Iva ordinaria e per tale motivo non rappresentano prestazioni sanitarie finalizzate al trattamento di lesioni traumatiche. Prestazioni di fisioterapia erogate sotto questa forma e documentate da parcella assoggettata a Iva non sono di regola rimborsabili in una pratica risarcitoria".
Tale conclusione, oltretutto messa in evidenza, poiché l'oggetto del documento è quello dei trattamenti sanitari in caso di traumi minori con un riferimento esplicito alle "prestazioni di fisioterapia", è di conseguenza destituita di ogni fondamento giuridico. Il documento in esame trae poi dal Codice deontologico del fisioterapista, nella parte in cui recita: "Il fisioterapista elabora il programma terapeutico-riabilitativo in riferimento alla diagnosi e alla prescrizione medica…" (art 11), l'affermazione secondo cui "l'attività svolta a fini terapeutici non possa in nessun modo prescindere dalla diagnosi e dalle indicazioni curative prescritte dal medico".
Sennonché, l'art. 11 del Codice deontologico dei fisioterapisti (1998, il cui testo è stato rivisto dal Tribunale dei diritti per il malato), recita integralmente "… il fisioterapista elabora e definisce autonomamente o in collaborazione con altre figure sanitarie il programma terapeutico – riabilitativo". Questo articolo chiarisce le due modalità operative proprie del fisioterapista, entrambe naturalmente con finalità terapeutica.

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