1994 – 2024: 30 anni di Profilo Professionale, 30 anni di Scienza della Fisioterapia.

Con il Decreto Ministeriale n. 741, il 14 settembre 1994 veniva individuata la professione del Fisioterapista. Cosa rappresenta questa ricorrenza per chi si occupa di Scienza della Fisioterapia e come il Profilo ha contribuito a costruirla? Lo abbiamo chiesto al Presidente Nazionale AIFI Simone Cecchetto.

Oggi, 14 settembre 2024, si celebra un anniversario importante per la professione del fisioterapista. Sono passati esattamente trent’anni da quando il Decreto Ministeriale n. 741 del 14 settembre 1994 ha delineato, per la prima volta il profilo professionale del fisioterapista, definendone competenze, ambiti di intervento e responsabilità.

Molti giovani colleghi non erano al tempo nemmeno nati e quindi il dubbio potrebbe nascere su che significato può avere per l’oggi della nostra disciplina questa ricorrenza. Lo abbiamo chiesto al dott. Simone Cecchetto, attuale presidente nazionale di AIFI, che negli ultimi quindici anni ha vissuto da vicino lo sviluppo della nostra professione, della nostra disciplina e della nostra scienza.

Presidente, innanzitutto in che contesto è nato il Profilo Professionale del fisioterapista?

Buongiorno, grazie intanto di questa possibilità  di leggere il nostro oggi anche alla luce della nostra storia.

La legge 502/92, la seconda grande riforma sanitaria del nostro Paese, tra tante cose stabilì che di ciascuna delle “professioni sanitarie” doveva essere definito con decreto ministeriale un profilo professionale; stabilì inoltre che la loro formazione doveva essere di livello universitario, definendo la chiusura di tutte le scuole regionali o “parauniversitarie” e la nascita degli allora diplomi universitari, divenuti poi nel 2001 lauree triennali.

Fino al 1994, infatti, non esisteva “una” professione del fisioterapista ma tante diciture diverse come “fisiokinesiterapista”, “tecnico fisioterapista della riabilitazione”, “terapista della riabilitazione”, “terapista della riabilitazione dell’apparato locomotore”. Il Profilo Professionale, quindi, ebbe il fondamentale ruolo di unificare un molteplicità di sigle sotto un’unica definizione, dando l’avvio non solo alla costruzione di una professione unitaria ma anche allo sviluppo della disciplina e della scienza che ne avrebbero caratterizzato il core.

Furono anni di intense discussioni nel nostro mondo perché c’era chi riteneva importante allineare la figura alle diciture internazionali del tempo (“physical therapist” e “physiotherapist”), c’era invece chi temeva che queste definizioni portassero con sè una sorta di riduzione del vasto campo della riabilitazione – percepito come meglio rappresentato dal nome “terapista della riabilitazione – alla sola dimensione fisica, con il rischio di tralasciare il complesso mondo delle scienze cognitive che in quegli anni stava iniziando ad arricchire la nostra visione.

Come si può immaginare, vi furono anche molti tentativi da parte di altre professioni di limitare molto di più il campo di intervento del fisioterapista, e solo il lavoro dei nostri colleghi di allora ha consentito di mantenere spazi di autonomia che altre professioni nate anch’esse in quegli anni hanno visto ben più limitato.

Presidente, cosa dice quel Profilo Professionale all’oggi della Scienza della Fisioterapia?

Dice che alcuni semi della nostra Scienza erano già presenti nel 1994 e che sono poi germogliati anche in molto altro grazie a norme ed esperienze successive.

Ad esempio il Profilo parlava di “prevenzione, cura e riabilitazione”: nel tempo è stata introdotta anche la dimensione della “valutazione”; al termine “riabilitazione” si è affiancato anche quello di “abilitazione” ad esempio per descrivere più correttamente i processi di recupero in età evolutiva; la Fisioterapia ha acquisito un ruolo sempre più ampio anche nella “palliazione” in situazioni croniche, degenerative e nelle terminalità.

Il Profilo citava le “aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali” e di “disabilità motorie, psicomotorie e cognitive” e nel tempo la Fisioterapia ha precisato sempre più il suo contributo a disfunzioni, attuali o potenziali, di vari sistemi (es. neuromuscoloscheletrico, cognitivo, cardiocircolatorio, respiratorio, tegumentario, digerente, genito-urinario) e a limitazioni delle attività e restrizioni della partecipazione sociale in un’ottica bio-psicosociale potenziata anche dall’adozione dell’ICF come prospettiva di lettura della complessità del funzionamento della Persona.

Il Profilo correlava questi problemi di salute come “conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita” che nel tempo abbiamo arricchito anche con tutti i percorsi conseguenti a interventi chirurgici o in condizioni di sovraccarico e sovra utilizzo  o anche in situazione aspecifiche in cui magari non è nemmeno definita o definibile una causa specifica.

Nel Profilo veniva tracciata una “attività terapeutica per la rieducazione funzionale” “utilizzando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali” oltre il fatto che il Fisioterapista che “propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia”; le strategie che la Fisioterapia oggi adotta sono state precisate e sintetizzabili, grazie ad altre norme in esercizio terapeutico, terapie manuali, terapie fisiche, proposta e addestramento all’uso di tecnologie assistive e educazione terapeutica.

Già nel Profilo erano previste “attività di studio, didattica e consulenza professionale, nei servizi sanitari ed in quelli dove si richiedono le sue competenze professionali” aprendo di fatto alla possibilità di sviluppo in ambito accademico, didattico e gestionale poi consolidati con altre norme dagli anni duemila.

Nel Profilo erano inoltre previste due specializzazioni – in psicomotricità e terapia occupazionale – che non hanno avuto corso perché non furono emanati i decreti attuativi e perché nel 1997 furono invece previsti profili di altre due professioni: nel primo caso, venne definita la figura, non presente nel panorama internazionale, del “terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva” che si è sovrapposra solo in parte al nostro ambito specialistico in fisioterapia pediatrica tuttora vivo e ricchissimo; nel secondo caso, invece, a livello internazionale era presente la figura del “occupational therapist” e quindi si ritenne opportuno creare anche nel nostro paese una figura distinta. La scienza e la disciplina della fisioterapia è cresciuta talmente tanto negli ultimi trent’anni che le nostre specializzazioni oggi approfondiscono l’intervento in diversi ambiti clinici (muscolo-scheletrica e reumatologica, neurologica e neuroscienze, cardiorespiratoria e in area critica, pelvi perineale, linfologica e tegumentaria, oncologica) che in diversi stati di vita (pediatrica, geriatrica e di comunità, sportiva) che attraverso diverse strategie (fisioterapia in acqua, terapie fisiche, tecnologie digitali).

Infine nel Profilo era già chiaramente l’autonomia professionale (“in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie”) poi ribadita da altre norme che ha consentito un pieno e sereno accesso diretto del cittadino al fisioterapista, presupposto di una autonomia anche scientifica e culturale.

Questo ampliamento di orizzonti rispetto a quanto tracciato nel ’94 dal Profilo Professionale è possibile perchè una legge successiva, la legge 42/99, ha definito che il campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie sono definiti, oltre che dal profilo professionale, anche dallo specifico codice deontologico e dai contenuti dei decreti ministeriali degli ordinamenti didattici della formazione di base e post-base. Oltre a questa, altre norme, hanno poi consentito di arricchire ulteriormente il perimetro del nostro campo d’azione.

Anche se oggi AIFI è una pienamente ed esclusivamente una società scientifica,  la sua storia è iniziata però 65 anni fa: è stata quindi un soggetto attivo in quegli anni di “fondazione” della Professione?

Certamente. Al tempo AIFI si chiamava Associazione Italiana Terapisti della Riabilitazione (AITR) e i suoi dirigenti ed esperti di allora hanno avuto una fitta serie di contatti con le istituzioni per correggere storture e cercare il miglior risultato possibile in mezzo a tempeste di tentativi di limitare al minimo il campo d’azione. Dai nostri archivi abbiamo estratto un editoriale della rivista associativa di allora (in fondo a questa pagina) che ne traccia il percorso.

Ma è stato sufficiente il Profilo Professionale a delineare quella che oggi è la professione del Fisioterapista e la Scienza della Fisioterapia?

No, quello è stato un primo atto fondamentale. Ma l’azione di AITR – che dal 2001 ha cambiato denominazione in AIFI Associazione Italiana Fisioterapisti proprio in ragione della nuova denominazione professionale – è continuata anche nel sostenere e contribuire alle tante altre norme che hanno contribuito a costruire l’oggi della professione e della disciplina.

Come la legge 42/99 che ha abrogato la “ausiliarietà” delle professioni sanitarie proiettandole pienamente nel novero delle professioni intellettuali, nonché tolto ogni dubbio sulla loro titolarità e autonomia e delineato gli ambiti di attività e responsabilità.

Come la legge 251/2000 che ha introdotto il concetto di valutazione funzionale e la responsabilizzazione in funzioni didattiche e manageriali.

Come la ridefinizione dei percorsi formativi, prima con l’avvento dei diplomi universitari diventati poi nel 2001 lauree triennali.

Come la legge 43/2006 che ha fissato le norme sul coordinamento e aperto il campo al “professionista specialista” favorendo  lo sviluppo della formazione specialistica e dei master universitari in specifici ambiti clinici, come la terapia manuale, la fisioterapia pediatrica e la fisioterapia sportiva, giusto per citare i più “storici”

Come le nascita delle lauree magistrali nel 2004 orientate al management, alla didattica e alla ricerca perché al tempo era il massimo che si poté ottenere in mezzo ai vincoli imposti.

Come la normativa sulla dirigenza delle professioni sanitarie, il pieno accesso a dottorati di ricerca e alla carriera accademica nonché dalle nuove leggi sulla responsabilità professionale come la legge Gelli Bianco del 2017 che inizialmente era improntata per “il medico” e che grazie anche al contributo dell’AIFI di allora venne aperta a tutti gli “esercenti le professioni sanitarie”, aprendo lo spazio anche alle associazioni tecnico scientifiche e non solo alle società scientifiche mediche nel campo della produzione di Linee Guida e buone pratiche.

Come alla legge 3/2018 che ha determinato la nascita degli Albi dei Fisioterapisti, grazie ad una specifica norma, ha consentito nel 2022 la nascita degli Ordini dei Fisioterapisti.

Come l’inteso lavoro che i dirigenti e i rappresentanti territoriali di AIFI in qualità di associazione maggiormente rappresentativa hanno fatto nel 2018 per consentire l’iscrizione ai nuovi albi, permettendo di distinguere per la prima volta in modo istituzionale chi era fisioterapisti da chi non lo era.

Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito, quindi, ad una crescita impressionante della professione del Fisioterapista, così come di altre professioni sanitarie, e AITR/AIFI come associazione maggiormente rappresentativa ha contribuito e accompagnato tutte le tappe sopra citate.

 Se oggi esistono gli Albi e gli Ordini dei Fisioterapisti lo si deve anche a tutte le persone che in questi trent’anni, anzi che in questi 65 anni hanno dato il loro contributo, in particolare nella ricchezza delle diversità in AIFI. A loro – e in particolare  a chi oggi non c’è più – va il più grande grazie.

Sembrerebbe che siano stati 30 anni di sola crescita e tante luci; ma la realtà quotidiana ci riporta ancora delle ombre, giusto?

Si, certamente. Oggi la professione conta più di 70.000 esercenti, migliaia di professionisti specialisti in possesso di master in diversi ambiti clinici, centinaia di laureati magistrali, più di 130 fisioterapisti che hanno concluso il dottorato di ricerca, più di quaranta fisioterapisti dirigenti delle professioni sanitarie in strutture pubbliche e private, una decina tra ricercatori, professori associati e ordinari.

Ma il percorso non è ancora concluso e resta ancora molto da fare. L’abusivismo ancora diffuso in diverse zone; il periodico tentativo da parte di altre figure di erosione di competenze chiaramente tracciate nel nostro profilo; molti fisioterapisti con retribuzioni irrisorie e non commisurate alle responsabilità; una formazione di base universitaria che, nonostante l’impegno di tanti, incontra  in alcune università ancora tanti ostacoli alla piena valorizzazione dei nostri docenti; una formazione avanzata che meriterebbe forse nuovi inquadramenti e riconoscimenti; competenze avanzate che potrebbero essere istituzionalizzate e riconosciute; modelli organizzativi inefficienti che non valorizzano appieno il fisioterapista in contesti pubblici e privati; sviluppi di carriera ancora ristretti; un accesso al mondo accademico con ancora con molti vincoli rispetto a quanto consentito ad altre professioni.

La nascita degli OFI e della FNOFI porta con sé la speranza che tutti questi temi potranno essere affrontati, pur nella complessità della tante spinte contrapposte, con la forza istituzionale di un ente sussidiario dello stato.

La nuova AIFI – divenuta totalmente ed esclusivamente società scientifica dal 2020 – ha dato e continuerà a dare il proprio contributo all’elaborazione e diffusione culturale e scientifica della nostra disciplina e della nostra Scienza a supporto anche dell’azione politica.

In conclusione cosa si sente di dire ai laureandi e ai neolaureati di oggi che spesso conoscono poco tutto questo percorso?

Che hanno scelto una delle professioni e delle discipline più belle del mondo che in quel Profilo Professionale ha trovato un punto di lancio.

Una disciplina che sa valutare tutti gli aspetti della complessità della Persona e cogliere le profondità diversità tra persone con le stesse etichette diagnostiche, capace di comprendere anche quanto il contesto in cui la Persona vive può influenzare esiti e percorsi.

Una disciplina che imparato ad avere lo sguardo sul futuro, verso dove la Persona con disabilità può arrivare, ma anche ad avere lo sguardo sul presente, nel pianificare giorno per giorno i piccoli passi per arrivare a quella meta.

Un disciplina che ha imparato a valorizzare le possibilità residue delle Persone e ad inventarsi soluzioni spesso artigianali e fuori dagli schemi per far raggiungere alla Persona i suoi obiettivi.

Un disciplina che è mani, mente e cuore e che ha imparato quindi a sviluppare competenze tecniche e ad entrare alla grande nel mondo della ricerca mantenendo però vivo il primato della relazione con la Persona.

Direi loro di essere fieri di poter essere ogni giorno al fianco di persone con disabilità e di tutte le cittadine e i cittadini che li incontreranno perché potranno dare a tutti loro tanto grazie al nostra Scienza e alla nostra Professione.

Buon compleanno Profilo Professionale del “Fisioterapista”!

 

Torna in alto