I lavori in Commissione Affari Sociali della camera sul DDL Lorenzin dovrebbero vedere la settimana prossima la discussione relativa agli articoli che riguardano l’istituzione di nuove professioni sanitarie per i quali AIFI chiede da sempre con decisione alla politica di seguire quanto disposto dalle leggi in vigore.
La premessa che devo fare, come già affermato in altre occasioni, è che l’AIFI non è assolutamente contraria all’individuazione di nuove professioni sanitarie, ma chiede che ciò avvenga nel pieno rispetto di quanto previsto dall’articolo 5 della legge 43/2006 e non con percorsi creati ad hoc, di volta in volta, per la singola necessità di qualcuno.
Che il testo del DDL Lorenzin approvato dal senato non sia conforme ai dettami della legge in vigore da 11 anni e che non ci sia condivisione politica circa la volontà di subordinare l’istituzione delle nuove professioni ad un parere tecnico-scientifico (espresso da apposite commissioni, operanti nell’ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute) non lo dice l’Associazione che mi onoro di rappresentare, ma lo dimostrano i numerosi emendamenti presentati da partiti di maggioranza ed opposizione, che hanno tutti l’obiettivo di riportare rispetto delle norme e del buon senso in un testo evidentemente costruito proprio per evitare il vaglio “scientifico” della proposta. Tutto l’arco parlamentare (PD e NCD-UDC compresi) alla Camera sta mandando un messaggio forte e chiaro alla Ministra Lorenzin e al Senato che lo ha approvato: attenzione, sarebbe un errore politico grave ignorare le giuste richieste di fare le cose “per bene”. In questo caso il “per bene” corrisp onde ad una azione della politica rispettosa dei principi di scientificità che devono contare più di qualunque altro elemento quando si parla di sanità e salute. E’ agli atti che i parlamentari dei diversi schieramenti abbiano dichiarato, attraverso gli emendamenti depositati (in allegato lo stralcio degli emendamenti), che il tema “nuove professioni si, nuove professioni no” in sanità non sia più questione meramente tecnica ma politica, da risolvere attraverso una posizione condivisa, mentre qui siamo di fronte a partiti che alla Camera presentano emendamenti che migliorano quanto approvato dagli stessi partiti al Senato.
Questa intera vicenda ci dirà se siamo un Paese in cui la Politica si fa nel rispetto dei principi costituenti (che ci fanno vivere in uno stato libero e avanzato, democraticamente all’avanguardia), oppure se prevarrà la legge del far-west, dove vince il più forte (in questo caso poteri e interessi di parte). I cittadini e i professionisti sanitari del nostro Paese hanno bisogno di sapere quale sia, quindi, il motivo per cui non sembrerebbe opportuno procedere al rispetto della Legge 43/2006, che, non dimentichiamolo, prevede anche che “la definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse”.
Si teme forse che le nuove professioni non avrebbero superato tali procedure di validazione? Sarebbe una sconfitta per tutte le istituzioni coinvolte dover ricorrere alla magistratura per decretare se l’iter seguito dal parlamento sia stato rispettoso dei principi di legalità tutelati dalla
nostra Carta Costituzionale. Ci dimostrino tutti, con i fatti, che non ci sono motivi per dubitare che alla fine la Buona Politica prevarrà.
Mauro Tavarnelli Presidente Nazionale AIFI
fonte: Faro di Roma
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