Domenica 29 maggio 2022 si celebra la Giornata Nazionale del Sollievo, per la promozione delle cure palliative e della terapia del dolore.
Per l’occasione abbiamo intervistato Antonella D’Aversa, vicepresidente GIS Fisioterapia Pediatrica AIFI.
Qual è oggi in Italia il contesto della cure palliative pediatriche?
Oggi in Italia oltre 35.000 bambini necessitano di cure palliative pediatriche ma di loro solo una piccola percentuale riceve questo tipo di assistenza. Eppure, già nel 2010, la Legge n.38 ha posto le condizioni per il miglioramento della gestione e del trattamento del dolore in ambito pediatrico e ha indicato la strada per l’organizzazione delle cure palliative pediatriche (CPP) riconoscendo il dolore e le cure palliative come diritto alla salute del bambino e della sua famiglia. Nella stessa occasione e negli anni a seguire è stata sancita, inoltre, la necessità di una risposta ai bisogni, specifica e dedicata, sia a livello clinico-organizzativo che formativo e informativo. Quello che viene richiesto agli operatori sanitari coinvolti è la conoscenza approfondita dell’argomento, una serie di competenze trasversali e tantissima empatia, poiché le cure palliative si propongono come un processo terapeutico finalizzato non solo alla gestione dei sintomi ma, soprattutto, alla difesa e al recupero della migliore qualità di vita possibile in risposta ai complessi e mutevoli bisogni assistenziali, attuando interventi terapeutici mirati a coinvolgere non solo la sfera fisica ma anche quella psicologica, sociale e spirituale del bambino e del suo nucleo familiare. Aspetti peculiari della fisioterapia in ambito pediatrico in senso lato, obiettivi prefissati indipendentemente dalla patologia a cui ci si approccia, perché un bambino è un bambino sempre, vive in un contesto che va oltre sé stesso ma, soprattutto, non è mai solo.
Quali sono le principali patologie pediatriche che richiedono cure palliative?
La Association for Children with Life-limiting and Terminal Illness e il Royal College of Paediatrics and Child Health ha individuato quattro categorie diverse di bambini con patologie inguaribili e ad alta complessità assistenziale, richiedente ciascuna delle quali interventi diversificati e specifici:
- minori con patologie per le quali esiste un trattamento specifico, ma che può fallire in una quota di essi; le cure palliative intervengono quando il trattamento causale fallisce per la guarigione (es. neoplasie, insufficienza d’organo irreversibile);
- minori con patologie in cui la morte precoce è inevitabile, ma cure appropriate possono prolungare ed assicurare una buona qualità di vita (es. infezione da HIV, fibrosi cistica);
- minori con patologie progressive, per le quali il trattamento è quasi esclusivamente palliativo e può essere esteso anche per molti anni (es. malattie degenerative neurologiche e metaboliche, patologie cromosomiche e geniche);
- minori con patologie irreversibili ma non progressive, che causano disabilità severa e morte prematura (es. forme gravi di paralisi cerebrali infantili, disabilità per sequele di danni cerebrali e/o midollari).
Le CPP sono però una realtà in evoluzione: la popolazione coinvolta comprende molte diagnosi di patologie rare o specifiche dell’infanzia, a cui non sempre si riesce a dare un’etichetta diagnostica precisa e lo stesso percorso diagnostico può durare anche mesi o anni. Come in tutte le condizioni che riguardano il bambino, inoltre, il focus è sul sistema famiglia e diventa ancora più pervasivo ed estensivo rispetto alle CP dell’adulto: i genitori sono spesso i caregiver che devono provvedere contemporaneamente al bambino malato, ai fratellini e ai bisogni dell’intero nucleo familiare. In ultimo, ma non in ordine di importanza, vi è l’enorme variabilità dei bisogni, differenti a seconda dell’età del bambino, con differenti capacità di comunicazione e comprensione, di partecipazione alle scelte di cura, di educazione e di socializzazione, che cambiano nel tempo per il singolo paziente poiché la malattia non ferma la crescita fisica, cognitiva ed emotiva del bambino.
La stessa popolazione dei bambini con patologia life-limiting e/o life-threatening negli ultimi anni è cambiata: gli importanti progressi in termini di ricerca, tecnologia e trattamenti disponibili ha prolungato la sopravvivenza di molti pazienti ma, nel contempo, ne ha aumentato i bisogni, la complessità delle cure, le necessità formative degli operatori, a cui sono richieste competenze sempre più ampie e multidisciplinari, e, non ultima, la complessità delle scelte e della pianificazione dei trattamenti. E questo ha visto anche i fisioterapisti dell’area pediatrica sempre più coinvolti nella presa in carico globale e nel management di tutte quelle condizioni complesse sopra citate.
I possibili scenari che ci aspettano?
Tanto è stato fatto e tanto c’è ancora da fare, perché un bambino che non potrà guarire è comunque un bambino e ogni suo bisogno si inserisce in un quadro generale di sviluppo, evoluzione e maturazione della persona, che coinvolge e richiede la mediazione dell’intero nucleo familiare. Per quanto breve sia lo spazio temporale di vita futura attesa e compromessa o involuta sia l’acquisizione di nuove funzioni e capacità, ugualmente gli aspetti dell’evoluzione e della maturazione rimangono condizioni essenziali che modulano ogni intervento, da quelli sanitari più tradizionalmente concepiti a quelli che coinvolgono o interessano altri e diversi settori della società, in una prospettiva che ci fa intendere la malattia, i suoi esiti e le azioni intraprese per contrastarla come pezzi di un puzzle che si vanno ad incastrare nel già complesso e in gran parte ancora sconosciuto gioco epigenetico della vita.